Il mito di Amore e Psiche
Appuntamento al buio? Si,
grazie. Sono gli incontri al buio l’elemento intrigante del mito tra Amore e
Psiche. La storia è raccontata da Apuleio all'interno dell’opera “Le
Metamorfosi”. Mito Psiche è una bellissima
principessa, tanto bella da attirare l'invidia di Venere. La Dea gelosa della
ragazza, invia suo figlio Eros perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto
e avaro della terra, affinché Psiche sia coperta dalla vergogna di questa
relazione. Ma Eros si innamora della fanciulla, e grazie a Zefiro, la trasporta
al suo palazzo e la fa sua sposa, ma le impone di non cercare di conoscere la
sua identità.
Ogni notte Eros e Psiche bruciano la loro passione in un amore
che mai nessun mortale aveva conosciuto. Una notte Psiche, spinta dalle sorelle
invidiose, decide di vedere il volto del suo amante e con una lampada ad olio
si avvicina ad Eros, una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo sposo, il
Dio tradito si allontana e Venere scaglia la sua punizione. Venere sottopone
Psiche a diverse prove ma alla fine, logora nel corpo e nella mente, Psiche
riceve l'aiuto di Giove. Spinto a compassione il Dio fa riunire gli amanti,
Psiche diviene una Dea e sposa Eros. Amore e Psiche ritrovano la felicità e dalla loro unione
nasce una bambina, alla quale viene dato il nome di Voluttà.
Significato del mito
Psiche in greco vuol dire
anima, respiro vitale, e quindi la storia di Psiche é anche quella dell'anima
umana che deve affrontare terribili avversità per raggiungere la natura divina
dell’uomo. In sintesi per alcuni il significato del mito è che la sola
curiosità intellettuale senza cuore "brucia" la realtà, distrugge il
collegamento cuore-mente, in questo caso per uscire dalla crisi occorre
sottoporsi a un percorso di prove, di elaborazione, per sviluppare comprensione e saggezza.
Paolo e Francesca: una passione travolgente
"Amor, ch'a nullo amato amar perdona"
Il verso appartiene al primo intervento di Francesca nel Canto V della Divina Commedia di Dante
Alighieri I due amanti (realmente esistiti) nella Divina Commedia di Dante rappresentano le principali anime condannate alla pena dell'inferno dantesco, nel cerchio dei lussuriosi.
In vita furono cognati (Francesca era sposata a Gianciotto, fratello di Paolo) e questo amore li condusse alla morte per mano del marito di lei. I due amanti leggevano il libro che spiegava l'amore tra Lancillotto e Ginevra, quando trovarono calore nel bacio tremante che si scambiano e che segna l'inizio della loro passione.
Francesca racconta a Dante che "Amore che subito accende i cuori gentili, infiammò questo mio compagno, invaghendolo della mia bella persona...e siccome l'amore esige che chi si sente amato riami, mi prese così fortemente l'amore per la bellezza di costui, che ancora non mi abbandona".
Ad una prima interpretazione del canto, Francesca non passa per "adultera" ma solo per "lussuriosa", cioè per una donna che ha ceduto alla passione. Ma allora perché metterla all'inferno?
In realtà per Dante la presenza di Francesca in quel girone non è semplicemente dovuta alla lussuria, ma alla sua correlazione con l'adulterio; anche se il matrimonio fu fatto per ragione d'interesse, come spesso succedeva tra le famiglie altolocate. Giovanni Boccaccio racconta che per ottenere l'approvazione della giovane al matrimonio con Gianciotto, questo sia avvenuto per procura e per un malinteso Francesca crede di dover sposare Paolo e non il fratello. E' da condannare Francesca?
Ai tempi nostri qualcuno potrebbe dire che Francesca non ha avuto la possibilità di scegliersi il marito, e l'Amore e la sorte hanno relegato lei e il suo amante tra i dannati che girano continuamente sospinti dal vento della passione.
Commenti
Posta un commento